AVV. PROF. ORESTE DOMINIONI

ORDINARIO DI DIRITTO PROCESSUALE PENALE COMPARATO

                 NELL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO

 

 

COMUNICATO

 

In qualità di avvocato dei signori Sandro Polita e Antonello Polita, in nome e per conto loro, in relazione alla dichiarazione di fallimento de La Quiete Hospital e alle notizie diffuse da mesi in merito alle loro società, comunico quanto segue.
I signori Polita rivendicano anzitutto la figura e storia di imprenditori protagonisti della realizzazione di importanti opere. Basti citare il più grande centro commerciale del Canton Ticino e più recentemente i laboratori del Gran Sasso. A ciò ha fatto seguito da ultimo l’impegno professionale ed economico nel settore della Sanità con l’acquisizione della Clinica la Quiete di Varese.
A quest’ultimo proposito a distanza di ben 9 mesi dalle prime notizie circa iniziative del pubblico ministero dott. Abate, ancora non sono stati messi a conoscenza degli addebiti a loro mossi: tra l’altro nonostante reiterate richieste, il pubblico ministero non ha provveduto al loro interrogatorio, che costituisce un momento fondamentale del diritto di difesa. Ciononostante numerosi interventi sono stati operati contro di loro e delle società.
Mentre, singolarmente, nessuno dei molteplici fatti risalenti a responsabilità dei precedenti proprietari della Clinica, ossia i fratelli Riva, puntualmente denunciati dai signori Polita, non risultano essere stati fatto oggetto di alcuna considerazione. Non è certo con simili metodi che si ricostruisce correttamente la verità.
Rompendo il riserbo mantenuto per tutti questi mesi i signori Polita debbono esprimere il più profondo sconcerto per l’operato del pubblico ministero dott. Abate, sempre ispirato da intenti persecutori nei loro confronti piuttosto che dalla tutela degli interessi dei creditori e delle società interessate e dello stesso ruolo svolto dalla Casa di Cura nel settore sociale della sanità.
Assai significativo è che le richieste di fallimento del dott. Abate contro le società La Quiete Hospital Srl e Ansafin Spa siano restate del tutto isolate nel contesto economico delle stesse: il pubblico ministero è rimasto sorprendentemente l’unico istante per la prima società e addirittura nessun creditore ha mai fatto istanza di fallimento per la seconda.
E’ altrettanto sorprendente che tali richieste di fallimento siano arrivate dopo che, sulla base di un Piano di esdebitazione approvato dallo stesso pubblico ministero, i signori Polita hanno versato milioni di euro e venduto rami d’azienda de La Quiete Hospital al gruppo GSA di Roma.
Con precise e imperative quanto indebite indicazioni sulla destinazione del ricavato, il dott. Abate aveva preteso che il prezzo di queste cessioni pari a 3 milioni di euro circa fosse in parte lasciato nelle mani degli acquirenti, affinché pagassero direttamente i fornitori delle società, e in parte destinato secondo le indicazioni fornite dallo stesso pubblico ministero. Sennonché gli acquirenti – GSA di Roma – non hanno adempiuto al loro obbligo, nonostante l’avessero assunto dinanzi allo stesso pubblico ministero e per sua precisa inesorabile richiesta.  
E’ semplicemente sconcertante che il pubblico ministero non abbia promosso nessuna iniziativa giudiziaria nei confronti del gruppo GSA, e altrettanto paradossale che dalle conseguenze di questo inadempimento abbia innanzitutto ricavato gli elementi per l’istanza di fallimento.
I signori Polita avvertono, e denunciano, tutta l’assurdità della situazione in cui sono stati cacciati: devono subire l’istanza di fallimento del pubblico ministero perché si sono prodigati, anche quand’era assai problematico, per adempiere alle sue prescrizioni, e a causa dei comportamenti degli acquirenti, gruppo GSA a cui lo stesso pubblico ministero aveva conferito un decisivo ruolo per la riuscita del Piano.
Il
"bel" risultato delle condotte del pubblico ministero contro i signori Polita e delle sue inerzie riguardo proprio a coloro che portano precise responsabilità è che i rami d’azienda sono stati acquisiti dal gruppo GSA, il prezzo della vendita è rimasto nelle mani di quest’ultimo ed è sparito, mentre alla società cedente sono rimasti i debiti e poi è venuto il fallimento, voluto unicamente dal dott. Abate che pure sta all’origine di quella inopinata situazione, con evidenti gravissimi danni per i creditori oltre che per i signori Polita.
In verità il Piano di esdebitazione (approvato dal pubblico ministero) si è interrotto non a causa dei signori Polita, ma a causa di una azione revocatoria in totale contraddizione col Piano, che già era stato messo in esecuzione dai signori Polita con i previsti esborsi finanziari.
Quanto poi a Ansafin S.p.A., va affermato che la stessa gode di un patrimonio immobiliare di circa 40 milioni di euro, che non si possono arbitrariamente ignorare e svalutare, e ciò a fronte di posizioni debitorie nettamente inferiori, che fa escludere qualsiasi ipotesi di uno stato di insolvenza. Va tra l’altro smentito che il cespite Hotel Capolago sia mai stato posto sotto sequestro, come recentemente apparso sulla stampa.
I signori Polita per mesi hanno loro malgrado accettato passivamente i comportamenti del pubblico ministero, mantenendo un rigoroso riserbo nell’ottica di costruire comunque una soluzione, che sembrava condivisa, ai problemi delle società nell’interesse anzitutto dei creditori. Ma hanno dovuto prendere atto che ciò non è stato possibile non essendo stati rispettati da parte del pubblico ministero gli accordi intercorsi con i difensori degli stessi signori Polita.
Quelle più recenti non sono che le ultime di una lunga serie di indebite iniziative contro cui i signori Polita hanno presentato denuncia penale e esposto disciplinare in particolare per i reati di abuso d’ufficio e di violenza privata.
Con questa presa di posizione, tanto sofferta quanto dovuta alla salvaguardia della loro onorabilità, degli interessi delle società e dei creditori nonché dell’economia cittadina, i signori Polita confidano fondatamente di ottenere giustizia

                                                                                                                          (avv. prof. Oreste Dominioni)

Milano – Varese, 22 dicembre 2011